Alla vigilia del suo ritorno in Spagna dopo tre mesi
passati presso il Centro Laniac, incontriamo Miquel Angel Herrero-Cortell, giovane
professore nel dipartimento di Storia dell’Arte all’Università di Lleida,
docente del “Màster en peritatge, avaluació i anàlisi d'obres d'art” e nel
corso di laurea in Storia dell’Arte della stessa Università.
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Miquel Herrero, Marta Raïch e Paola Artoni |
Di cosa si occupa
a Lleida?
“Sto svolgendo la mia
ricerca di dottorato e nel frattempo sono professore in formazione
all’Università di Lleida grazie al Ministero dell’Educazione, Cultura e Sport.
Lavoro anche al CAEM (Centre d’Art d’Època Moderna) dove mi occupo della
diagnostica, specialmente dell’interpretazione dei risultati tecnici. Il lavoro
è di gruppo e non avrebbe senso senza la partecipazione dei miei colleghi di
laboratorio e ricerca. Un aspetto particolare della mia ricerca è la
ricostruzione dei procedimenti artistici, specialmente quelli pittorici. Tra i
miei interessi c’è infatti il recupero delle antiche ricette tradizionali
impiegate nelle tecniche artistiche e del modo di dipingere prima del Settecento.
Ho uno speciale interesse riguardo alla questione delle copie, dei falsi e dei duplicati
artistici”.
Come
le è venuta l’idea di fare un’esperienza presso il Laniac?
“Dal 2011 c’è una convenzione stipulata tra i nostri
due centri. Il Laniac è molto apprezzato dal personale del nostro centro e il
blog è seguito dalla Spagna. Quando ho pensato a una possibilità di un
soggiorno internazionale per la formazione per scopi scientifici ho scelto
questo centro come luogo di soggiorno per le molte similitudini sulla tipologia
di lavoro. Inoltre Verona è in una posizione geografica ottimale per la mia
ricerca sui supporti, i materiali, i procedimenti, la pittura della Corona
d’Aragona tra XV e XVI secolo”.
Come
si è articolato il soggiorno?
“Si è organizzato in due blocchi di lavoro: una prima
parte dedicata all’esperienza diretta con le diverse tecniche di studio diagnostico
(soprattutto la riflettografia all’infrarosso con sensore InGaAs e lo studio
dei pigmenti tramiti Xrf) e con il conseguente dibattito comune sui risultati.
La seconda parte è invece stata dedicata alla ricerca storico artistica e si è
svolta a Verona, nella biblioteca di Castelvecchio e nelle biblioteche
universitarie, a Bologna nella Fondazione Zeri e in università e a Firenze al Kunsthistorisches Institut”.
In
particolare quale esperienza è stata significativa?
“Ci sono state due attività particolarmente
rilevanti. Anzitutto con Paola Artoni, funzionaria del Centro Laniac, abbiamo
lavorato insieme al Museo Correr di Venezia ed è stata un’occasione bellissima
nel corso della quale abbiamo compreso che pratichiamo la stessa modalità di
lavoro con il medesimo approccio alle opere. Insieme abbiamo studiato
venticinque opere d’arte collocabili nella categorie delle copie, delle ricreazioni
stilistiche e dei falsi sempre seguendo il nostro procedimento di analisi e con
l’obbiettivo di capire la realtà di queste opere in situ. Questo significa che la nostra osservazione diretta si è
confrontata con i risultati ottenuti dai diversi procedimenti,
dall’ultravioletto all’infrarosso sino all’esame dei pigmenti sempre con
metodologie non invasive. Tutto questo è stato possibile grazie alla grande
disponibilità dello staff del museo.
La seconda esperienza importante ha
riguardato lo scambio scientifico tra il CAEM e il Laniac con l’obbiettivo di incrociare
dati tecnici sul comportamento dei pigmenti nelle diverse regioni dello spettro
e di preparare alcune pubblicazioni condivise. Per questo motivo in maggio presso
il Laniac è venuta Marta Raïch, il nostro tecnico del CAEM, e sono stati due
giorni di estrema produttività dove abbiamo avuto anche la possibilità di
esaminare due dipinti con il supporto del dott. Paolo Bertelli. Lo stesso
Bertelli, membro del comitato scientifico del complesso museale Palazzo Ducale
di Mantova, come curatore di una mostra sulle città ideali che si aprirà in
questo museo il prossimo ottobre, ci ha infatti coinvolto nello studio di
alcuni ritratti gonzagheschi che saranno esposti”.
Volendo
fare un confronto tra il CAEM e il Laniac quali sono i punti di contatto e le
differenze?
“Sono simili anzitutto gli scopi, ovvero anche per
noi la ricerca del dato oggettivo è senza fine di lucro. I nostri ricavi non
sono infatti guadagni ma sono solamente una coperture delle spese. Il nostro scopo
è scientifico e si esprime con una modalità di interpretare i risultati e la volontà
di capire un dipinto come se questo fosse il risultato di un’equazione scientifica.
Il dipinto infatti è il risultato di una tecnica, si presenta con un proprio stato
di conservazione e con delle problematiche che devono essere sempre collegate tra
di loro, mai lette come delle prove sciolte ma in un’unica chiave di lettura. I
nostri due centri sono simili anche nei percorsi di formazione. Si considera infatti
una doppia formazione, tra conservazione e storia dell’arte. Siamo storici
dell’arte ma anche conservatori e viceversa ed è per questo che siamo come funamboli
tra due mondi complessi… muoversi su questa linea è divertente.
Per quanto riguarda le differenze tra i due Centri
va detto che il Laniac esegue soprattutto analisi in situ mentre noi, nella maggior parte dei casi, abbiamo le opere da
studiare presso il nostro laboratorio. Questo può essere positivo perché
abbiamo la possibilità di fare un’osservazione più lunga e questo ci permette
una riflessione più articolata e calma. Naturalmente questo richiede più tempo”.
Progetti
per il futuro?
“Il collegamento tra CAEM e Laniac prosegue e abbiamo
messo le basi per alcuni progetti. Ad esempio il Laniac fa parte del progetto
“I+D” che rientra nel programma statale della ricerca scientifica sostenuto dal
Ministero dell’Economia spagnolo grazie alla presenza di Monica Molteni,
docente di Storia delle Tecniche e del Restauro e vicedirettore del Laniac, e
di Paola Artoni, funzionaria responsabile del Centro. Allo stesso modo il
Laniac ha coinvolto il CAEM nella proposta di un Joint Project di ateneo
dedicato al restauro”.